sabato, febbraio 07, 2009

Quando ci vuole, ci vuole

Premetto: sono cattolico e vedo l'anticlericalismo militante come un'altra forma di integralismo, e ritengo che la Chiesa abbia il diritto, anzi il dovere, dal suo punto di vista, di esporre quale debbano essere i riferimenti etici per i cattolici impegnati in politica (poi sta alla coscienza dei singoli politici decidere se e in che misura adeguarsi). Non sono nemmeno appassionato discettatore del fatto che ogni volta che parla un vescovo sia una "entrata a gamba tesa", o una ingerenza indebita. In realtà, credo che si attribuisca alla chiesa cattolica un peso molto maggiore di quello che ha realmente, sia nel guidare le coscienze dei cittadini, che anche quando si professano cattolici in molti casi fanno un po' come pare loro, sia nel determinare gli esiti delle elezioni (il famoso "voto cattolico").

Detto questo, può capitare che ci siano situazioni in cui in effetti gli interventi sono fuori luogo: in particolare la critica al capo dello Stato Napolitano, del tutto inopportuna sia come merito, che come metodo. Nel merito, perché dopo aver eventualmente dato indicazioni (sottolineo, indicazioni) al mondo politico sulla visione del problema da parte della Chiesa, il governo e il parlamento decideranno come meglio credono (rispondendone, anche i cattolici, alla propria coscienza). Inoltre, o meglio soprattutto, perché in questo caso non ci si trova di fronte solo ad una situazione in cui è in gioco la vita di una persona, ma si sta forzando la mano dell'ordinamento istituzionale ("Se non posso usare i decreti legge, cambio la Costituzione" e amenità simili): Napolitano non rifiuta il decreto in virtù di considerazioni morali, ma in virtù della sua funzione di custode della Costituzione. Se un decreto legge non ha le necessarie caratteristiche per essere emanato come tale, deve essere rifiutato, indipendentemente da cosa contiene. Napolitano avrebbe fatto malissimo a firmarlo, pur se fosse stato animato dalle migliori intenzioni umanitarie.

Nel metodo: parlare di "maniera immediata" e "tutto quello che si può fare" è un modo sbagliato di porre la questione. E proprio alla luce della scelta, ad esempio, del Vaticano, di non appoggiare la mozione ONU contro il reato di omosessualità. In quella sede si è anteposto un ragionamento politico di largo respiro (discutibile finchè si vuole, ma legittimo) ad una necessità "immediata", ossia di porre un freno, per quanto solo formale, alla persecuzione di persone sulla base del loro orientamento sessuale. In questo caso, al contrario, si sostiene che la necessità immediata della singola persona deve essere anteposto alle considerazioni politiche ed istituzionali, che regolano i rapporti fra organi dello Stato, o la promulgazione di leggi e decreti. Ovviamente, queste due posizioni si contraddicono.

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